Il protagonista di Scarface è un ex-carcerato cubano, che riesce ad andare a Miami grazie ad una decisione di Fidel di svuotare parte delle carceri; la scusa era quella di permettere ai suoi concittadini di ritrovare i loro parenti emigrati negli Stati Uniti.
Tony Montana vede passare quel pallone della Pan America e subito dopo decide di farsi scolpire quella scritta in casa:
“The world is yours”
(Poi però ci muore proprio, sotto quella scritta, ma questa è un’altra storia.)
E’ una frase semplice, ma così importante che alle volte vorrei scolpirla pure in casa mia.
Certe volte perdo di vista la realtà e, anzi, mi perdo proprio.
Dimentico che ho 30 anni e che il mondo è veramente mio.
Dimentico che questa vita meravigliosa mi sta offrendo tanto… troppo.
E che tra meno di due giorni sarò a Cuba, terra di rivoluzioni e cultura… e che i miei occhi ne rimarranno incantati.
Così come la mia anima.
E subito ogni piccola avversità, persona inutile e dispiacere diventano minuscoli, più piccoli di coriandoli.
Che già che è carnevale verranno calpestati e portati chissà dove. Fino a finire nella differenziata. Riciclati se gli va bene, ahimè.
Guardo fuori dalla finestra. C’è un’aria fredda, ma pulita. E sto ascoltando una canzone troppo fica, che mi fa entrare nel mood del posto dove tra poco mi troverò a girare.
Da piccola mi ero presa una scuffia per Che Guevara.
Si trattava di un amore platonico, nato su libri letti per caso e alcuni filmati visti durante l’occupazione scolastica…
….una scelta ponderata però!
Tutte lì ad amare Jim Morrison e io con la mia sana cotta per il Che.
La cosa nasceva non tanto per le sue idee politiche che, pure all’epoca, stentavo a condividere pienamente.
Mi incantava pensare a quest’uomo dall’accento argentino, che parlava con frasi brevi, ma pregne di significato.
Un uomo coraggioso e meditativo… che nelle battaglie destinò sempre, accanto alle armi, un posto alla poesia.
Tempo fa leggevo degli scritti di Neruda a proposito della rivoluzione Cubana:
“Quando scoppiò la revoluciòn milioni di sudamericani ebbero un brusco risveglio, non credevano alle proprie orecchie.
Questo non c’era nei libri di un continente che era vissuto separatamente, pensando alla speranza.
Ed ecco che ad un tratto Fidel Castro , un cubano che prima nessuno conosceva, afferra la speranza per i capelli o per i piedi e le impedisce di volare via… anzi… la mette seduta alla sua tavola e nella casa dei popoli d’America.
Da allora siamo andati molto avanti per questa strada della speranza divenuta realtà. Ma viviamo con l’anima appesa ad un filo.”
Per Neruda la guerra era una minaccia, per il Che un destino.
E ora ci troviamo ad una svolta storica per questo paese colorato: Fidel sta morendo e Obama gli ha tolto l’embargo a parole.
E se da un lato sono contenta per le possibilità che gli si apriranno (me lo auguro), egoisticamente penso che tutto quello che ora c’è scomparirà.
Mi sento fortunata a poter essere spettatrice di questo momento incredibile. Una delle tante cose che, un giorno, racconterò ai miei figli.
Nel frattempo oggi se mi rimane un pò di tempo mi vado a comprare il cappellino.